Post by s***@gmail.comQuindi se l'escursione del segnale rispetto ad una grandezza
caratteristica è molto minore della tensione termica, posso descrivere
il dispositivo attraverso equazioni lineari: in questo caso ho un
modello per piccoli segnali.
Mmmmh..non mi piace come l'hai messa, non so se hai scritto di fretta
oppure non mi son spiegato bene nella precedente risposta. L'escursione di
"ciò che consideri come ingresso" deve risultare tale da giustificare
un'approssimazione lineare della caratteristica. Nel caso della dipendenza
della corrente di collettore dalla tensione base emettitore del BJT,
questo si concretizza nel richiedere
Vbe << Vt
La grandezza caratteristica è Vt, la tensione termica. La tensione di
"ingresso" (Vbe) dev'essere molto più piccola della "grandezza
caratteristica Vt" per poter dire di essere in regime lineare. In altre
situazioni, la "grandezza caratteristica" può essere qualcos'altro.
Post by s***@gmail.comSe l'escursione è maggiore questo non è più possibile quindi
fornisco dei valori di tensione in continua per ottere la
caratteristica del dispositivo: quindi utilizzo il modello per grandi
segnali.
No...vedi dopo.
Post by s***@gmail.comAncora però non capisco il significato dei condensatori nei modelli
per grandi segnali dato che questi non dovrebbero esistere se utilizzo
Infatti per grandi segnali NON si utilizzano tensioni continue. Anche
perché una grandezza continua, ossia costante, in ingresso, mi fornisce un
valore anch'esso continuo, ossia costante, in uscita. Ciò equivale ad
avere *un punto* nella caratteristica ingresso uscita, il che non serve a
moltissimo. Lo scopo di una caratteristica ingresso-uscita è proprio
quello di legare *le variazioni* di ciò che ti interessa osservare.
Allora, attenzione perché c'è un punto importante, qui.
Una caratteristica ingresso-uscita è una funzione che descrive l'andamento
dell'uscita in funzione dell'ingresso. Ciò che è ingresso, e uscita lo
decidiamo "dopo". Nel caso del BJT per esempio scegliamo Vbe come ingresso
e Ic come uscita:
Ic = f(Vbe)
Dove f(Vbe)= K[exp(Vbe/Vt)-1]
Questa relazione è NONlineare, e questo rende ostico il suo inserimento in
circuiti anche semplici. Ancorché non lineare, questa è una caratteristica
*statica*. Questo vuol dire che la corrente Ic dipende solo e soltanto
dalla tensione Vbe in quel preciso istante in cui la considero. Ciò si
evince dal fatto che non c'è una dipendenza dal tempo, in quella equazione.
Le cose però in realtà non stanno così, e come per piccoli segnali ho le
mie belle capacità in giro per i nodi del *circuito equivalente per
piccoli segnali*, anche nel caso che i segnali varino "di parecchio"
queste capacità continueranno ad agire, rendendo il dispositivo uno
cosiddetto *con memoria*.
Ma non è finita. Mentre le capacità a piccolo segnale sono costanti,
dunque indipendenti dai (piccoli) segnali cui sono soggette, per grandi
segnali queste stesse capacità cambiano valore a seconda delle tensioni
applicate ai loro capi. Vengono dette capacità NONlineari, appunto, perché
C anziché essere costante è funzione della ddp ai suoi capi: C=C(V).
La paginetta che hai linkato, controlla bene, non si sogna minimamente di
considerare tensioni continue! Ci sono diodi, generatori controllati, e
capacità non lineari. Un modello molto complesso che si può trattare solo
con il calcolatore, oppure chiamandosi con strani nomi russi tipo Liapunov
:)
Post by s***@gmail.comPost by DarwinPost by s***@gmail.comIl problema è che il mio libro descrive il circuito equivalente del
mosfet per grandi segnali come se in ingresso nel dispositivo vi
fossero tensioni continue [..]
Per levarci ogni dubbio dovresti riportare la pagina, ma sono quasi certo
che sia tu ad interpretare male il testo.
Post by s***@gmail.comPost by Darwin[..]
Il problema è che la mole di calcoli da fare aumenta esponenzialmente,
se non altro perché tecniche quali l'analisi di Fourier non possono
essere usate.
Perchè non posso utilizzare nei casi da te descritti l'analisi di
Fourier? Intuitivamente mi verrebbe da dire per via degli effetti di
non linearità del dispositivo che portano all'introduzione di
armoniche laddove non ci dovrebbero essere,ma non sono sicuro se il
motivo sia questo....
Si, il motivo è questo: la cosa bella della trasformata di Fourier è la
possibilità di definire una *risposta armonica*, la cui utilità poggia
sulla linearità della rete in esame. Solo per reti lineari, infatti, lo
spettro dell'uscita vale il prodotto della risposta armonica per lo
spettro d'ingresso.
Il dominio della frequenza poi si usa in lungo e in largo, anche per
dispositivi "volutamente" non lineari (mixer, rettificatori, oscillatori)
o "accidentalmente" non lineari (ampli di ogni genere e in ogni salsa). Ci
sono anche tecniche di analisi dei circuiti eseguite direttamente nel
dominio della frequenza (equazioni del bilancio armonico) o misto DT-DF...
Post by s***@gmail.comGrazie per le risposte
Prego, hop dis helps :)
M
--
Frustra fit per plura quod potest fieri per pauciora
(Guglielmo Da Ockham)
questo articolo e` stato inviato via web dal servizio gratuito
http://www.newsland.it/news segnala gli abusi ad ***@newsland.it